|
Lost
generation Quei gufi dello FMI Ci sarebbe piaciuto
poter dire, anche solo a proposito dei nostri documenti economici elaborati
dal 2010, che siamo stati troppo severi nel giudizio strutturale sul Paese.
Tanto pessimismo per cui l’Italia è considerata più
esposta di altri Paesi alle crisi congiunturali e non in grado di superarle,
si potrebbe anche spiegare con quel pessimismo lamalfiano ereditato dagli
anni ‘70 del secolo scorso. E se allora ci si annoverava con dignità fra le
cassandre, oggi si finisce semplicemente a far parte dei gufi. Purtroppo le
ultime stime del Fondo Monetario internazionale ci danno ragione. Senza una
significativa ripresa della crescita, serviranno 20 anni perché l’Italia
torni ai livelli pre-crisi e questo è quanto abbiamo pronosticato esattamente
5 anni fa. I recenti miglioramenti infatti non sono
sufficienti a scalfire il tasso di disoccupazione che rimane sopra l’11%
nell’area euro quando la quota di disoccupazione di lungo termine continua ad
aumentare. Si rischia di ritrovarci una “lost generation”, una generazione
intera che uscita dal mondo del lavoro non vi entrerà più o che mai vi è
entrata e mai vi entrerà. Anche il governatore della Banca d’Italia Visco,
aveva detto, riferendosi in particolare nel Mezzogiorno, che la ripresa
poteva non essere in grado di generare occupazione. Per cui anche se l’Italia
sta uscendo da tre anni di recessione non è affatto detto che la situazione
della popolazione riesca a migliorare. Il ministro Padoan ha replicato che a
Washington non tengono conto delle riforme del governo. Ci sembra invece che
allo Fmi le abbiano calcolate eccome tanto da prenderci di mira visto che
l’efficienza della P.a. e della giustizia civile non è considerata
sufficiente, così come deve essere ancora migliorata la flessibilità del
mercato del lavoro nonostante il formidabile Jobs Act. Lo FMI raccomanda
anche di cancellare “il dualismo” del mercato del lavoro a livello di
licenziamenti e di favorire la “differenziazione salariale” a seconda di imprese e settori. Se il governo intenderà
seguire questi propositi, avremo un autunno bollente, sapendo come la pensano
a proposito i sindacati. Per carità, il governo può anche ignorare il Fondo
monetario, esattamente come avrebbe voluto fare quel pozzo di scienza di
Varoufakis. In questo caso vedrete che ci vorranno non 20,
ma altri 40 anni per risalire la china. E potete scommettere che non
siamo affatto viziati da un atavico pessimismo. Roma, 28 Luglio 2015 |
|